mercoledì 12 marzo 2014

Giovani e lavoro: binomio (im)possibile oggi?


Occupazione e disoccupazione: una traduzione numerica:
      Secondo gli ultimi dati Istat ad Aprile 2013 gli occupati sono 22 milioni 596 mila, in calo dello 0,1% rispetto a Marzo e dell’1,6% su base annua. A livello territoriale il calo dell’occupazione è pari a -1,4% nel Nord,  -1,6% nel Centro e -2,7% nel Mezzogiorno. La riduzione su base annua degli occupati italiani coinvolge entrambe le componenti di genere, mentre continua la crescita dell’occupazione straniera sostenuta soprattutto dalle donne.
Il numero di disoccupati pari a 3 milioni 83 mila aumenta dello 0,7% rispetto a Marzo. Su base annua si registra una crescita del 13,8%. La crescita della disoccupazione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile e si presenta diffusa sull’intero territorio nazionale con una punta al Nord. 


 


A queste due categorie, si aggiunge anche il numero degli individui inattivi tra i 15 e i 64 anni, che aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente. Più precisamente, per quanto riguarda i giovani, sempre secondo i dati Istat pubblicati il 31 Maggio e riferiti ad Aprile 2012, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è volato a quota 40,5%: si tratta del livello più alto da 36 anni. Secondo le stime dell’istituto è anche il record dall’inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004).

Le vignette di MGF (blogspot)

Stando ai dati forniti da Confidustria, ad essere in pericolo è specialmente il settore manifatturiero, che in circa sei anni ha visto perdere il 15% del proprio potenziale e ha portato, come conseguenze inevitabili, alla perdita di circa 540.000 posti di lavoro e alla chiusura di quasi 55.000 aziende negli ultimi quattro anni, pari al 19,3% del totale.

Vauro

 Le nostre opportunità: il contratto di apprendistato
      Per rilanciare il contratto di apprendistato con la riforma Fornero si è emanato, ad hoc, il d.lgs. n167/2011, che  mette a disposizione degli operatori economici un quadro unico a cui far riferimento.
Innanzitutto dal testo legge il contratto in esame si suddivide in tre tipologie:
-  apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (detto anche di I livello);
- apprendistato professionalizzante o di mestiere (definito pure di II livello);
- apprendistato di alta formazione e ricerca (denominato anche di III livello).
Destinatari della prima forma contrattuale sono i ragazzi dai 15 ai 24 anni, i quali hanno la possibilità di acquisire alla scadenza del contratto o una qualifica professionale, se il contratto dura 3 anni, oppure un diploma professionale regionale, rilasciato dagli enti formativi accreditati dalla Regione. E’ proprio a questa che spetta di definire gli standard minimi formativi del contratto, sentite le partite sociali, in accordo alla Conferenza permanente Stato-Regioni, la quale, in data 29 luglio, ha prescritto i profili formativi per 21  qualifiche professionali e altrettante per i diplomi. Alla regione spetta, inoltre, l’individuazione del monte ore di formazione sia esterna che interna all’azienda, la cui modalità è delineata dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). 
La seconda figura elencata è finalizzata all’acquisizione di una qualifica contrattuale da parte di giovani dai 18 ai 29 anni. In questo caso spetterà ai CCNL definire la durata (di tre o cinque anni a seconda se si tratti di un lavoro artigianale o meno), il monte ore e il sistema di erogazione della formazione professionalizzante.
A questo si aggiungono i profili professionali quali il sistema di inquadramento e classificazione del personale. Invece  alla regione compete la disciplina della formazione pubblica, di base e trasversale, di durata massima nel triennio di centoventi ore nell’arco del triennio.
Infine abbiamo il contratto di alta formazione e ricerca, stipulato per conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore,  titoli di studio universitari e dell’alta formazione (compresi i dottorati),  titoli  per  la  specializzazione  tecnica  superiore  (particolare riferimento  ai  diplomi  dei percorsi  di  spec. Tecnologica  degli istituti tecnici superiori), o per svolgere attività di ricerca e praticantato per le professioni ordinistiche. A ciò si aggiunge la possibilità di acquisire una qualifica professionale. Per questa forma,  utilizzabile per i giovani dai 18 ai 29 anni di età, è la Regione che deve definire la durata formativa, una volta sentite le parti sociali e in accordo con le istituzioni formative. In mancanza, è possibile la stipulazione di convenzioni tra mondo lavorativo e scolastico.
Le ultime due tipologie  possibile essere stipulate sia nel settore pubblico che privato. La prima solo in quest’ultimo.
Per ciascuna figura contrattuale ci sono vantaggi sia per l’apprendista che per il datore di lavoro. Al primo vengono riconosciute l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’assicurazione contro le malattie, l’assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia, la maternità e  l’assegno familiare. Non possono beneficiare, invece, dei trattamenti ordinari di  integrazione  salariale,  dell’indennità  di disoccupazione e di mobilità. Il datore di lavoro concede all’apprendista una retribuzione inferiore rispetto a quella che dovrebbe effettivamente conferire, in virtù del sottoinquadramento, a due livelli inferiori, del lavoratore. Inoltre la legge di stabilità 183/2011  prevede che per i contratti di apprendistato stipulati dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2016 è  riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove,  uno sgravio contributivo del 100% nei primi tre anni di contratto. Questo vantaggio economico sussiste  fino  all’anno  successivo  alla  prosecuzione dell’apprendistato come ordinario rapporto subordinato a tempo indeterminato.
      Nonostante appaia evidente che il contratto in esame sia decisivo per le prospettive occupazionali dei giovani e la qualità del lavoro, i dati emersi dal rapporto di monitoraggio annuale sull’apprendistato dell’Isfol sono ancora scoraggianti. Infatti nel periodo analizzato gennaio-agosto 2012 i contratti di apprendistato attivati rispetto al totale sono stati solo il 2,9%, meno del 2011, in cui si è  registrata una percentuale di attivazioni pari al 3,1%. È possibile rilevare che di questa quota solo il 7,4% è relativa al contratto di I livello, nonostante sia stato definito dal legislatore per intercettare i tanti giovani che hanno abbandonato la scuola, offrendo loro l’occasione di entrare nel mercato del lavoro e, nel frattempo, di acquisire un titolo di studio. Ancora più bassa è la percentuale rilevata per i contratti di alta formazione e ricerca. Solo lo 0,2%. La restante parte è attribuita al contratto di II livello, che risulta essere sicuramente la forma contrattuale maggiormente più utilizzata. Nel rapporto si rilevano i dati percentuali del 2011 relativi ad aree geografiche. Di quel 3,1% succitato, il 56% è la parte dei contratti di apprendistato stipulati al nord, il 26  al centro, e il 17% al sud. Ma questi dati non sono in aumento, perché nello stesso periodo ci sono altrettante cessazioni, rispettivamente per ciascun area. Ancora di più raccapriccianti sono i numeri relativi alla Puglia, dove si registra una quota pari al 26% delle attivazioni totali del sud.
È proprio in Puglia che i lavori legislativi per l’apprendistato si sono fermati alla legge 31 del 22.10.2012, recepente quella nazionale. Mancano ancora allo stato attuale i regolamenti esecutivi che disciplinano  i profili che attengono alla formazione dell’apprendistato per attività di ricerca e per la qualifica e il diploma professionale.
Anche se gli interventi legislativi sono necessari, riprendendo il pensiero del professore Michele Tiraboschi, allievo di Marco Biagi, “non saranno sufficienti, se le parti sociali, le imprese e le università e, non ultimi, i giovani e le loro famiglie continueranno a perpetuare modelli educativi e formativi che ormai appartengono al passato. In particolare, non appare più sostenibile concepire i percorsi di vita secondo la scansione studio-lavoro-pensione: oggi l’apprendimento e le occasioni di formazione devono necessariamente accompagnare tutto l’arco della vita di una persona, intrecciandosi e integrandosi con il percorso lavorativo e professionale”.

www.inpolis.it

Quale anello mancante tra scuola e mondo lavorativo?
      Il documento fondamentale che regola l’importante progetto di “alternanza scuola lavoro” è rappresentato dalla legge del 15 Aprile 2005, n.77 intitolata: “Norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 Marzo 2003, n.53”. La legge in oggetto definisce il progetto di alternanza scuola-lavoro come: “Modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”.
Almeno così come definito il progetto di alternanza scuola lavoro sembra un ottimo metodo per creare nei giovani la possibilità di conoscere, per quanto possibile, le realtà industriali presenti sul territorio in modo da poter integrare l’esperienza pratica alle numerosissime ed importantissime nozioni fornite dai propri docenti durante l’anno scolastico.
Ci si è chiesti, quindi, quanto il progetto di alternanza scuola lavoro possa rappresentare una piccola esperienza svolta in un laboratorio diverso da quello scolastico, o se essa è una vera e propria risorsa che possa legare lo studente all’azienda anche in seguito al conseguimento del diploma.
Per questo motivo si è deciso di rivolgerci ai docenti-tutor che si occupano della gestione del progetto seguendo gli studenti impegnati ed interfacciandoci con il mondo delle imprese che aderisce a tale iniziativa.          
      In particolare, la docente di riferimento dell’ITIS G. Marconi ci ha indicato come il progetto di alternanza scuola lavoro sia un utile strumento di professionalizzazione supportato da numerose aziende dall’area industriale barese almeno fino all’inizio della nota crisi economica che ha coinvolto l’intero territorio nazionale ed europeo.
La crisi economica ha ridotto, quindi, del 50% il parco aziende su cui l’istituto può contare attestandosi attualmente su un numero pari a 8-10 tra piccole e medie imprese.
Sebbene l’istituto funga da istituto tecnico industriale (meccanica, meccatronica ed energia; informatica e telecomunicazioni), liceo scientifico tecnologico e liceo scientifico opzione scienze sociali, gli studenti che hanno la possibilità di partecipare ai corsi di alternanza scuola lavoro sono solo quelli che frequentano i corsi di indirizzo meccanica. Questo avviene, nonostante il riferimento legislativo abbia ampliato a tutti gli studenti la possibilità di partecipare all’esperienza in oggetto, per la mancanza di sufficienti fondi e difficoltà di individuare nuove aziende disponibili ad aderire al progetto.
Le statistiche di inserimento degli studenti dell’istituto nelle aziende dove svolgono l’attività di alternanza scuola lavoro raccontano come sporadici, ma non nulli, i casi in cui gli studenti sono assunti con contratto a tempo indeterminato, mentre capita spesso che alcuni studenti collaborino con le aziende con contratti a tempo determinato non più rinnovati nel momento in cui si esaurisce da parte dell’azienda la necessità di collaborazione del neo-diplomato.
      L’alternanza scuola lavoro rappresenta una grande opportunità sia per gli studenti che per le aziende. Se da un lato esse percepiscono un contributo esiguo, circa 250 euro l’anno, da parte dell’istituto per coprire le spese di tutoraggio e formazione di ogni studente, dall’altro ogni azienda ha la possibilità di professionalizzare tecnici di qualità che potrebbero essere assunti in caso di necessità potendo contare su una formazione maggiormente specifica e qualificata rispetto ad altri possibili candidati collaboratori che non hanno partecipato a progetti di formazione in azienda.
La ricerca di un posto di lavoro che possa essere fonte di sicurezza per i neo-diplomati è sempre più complessa e meno scontata a causa di scarsa domanda di nuovi lavoratori, richiesta di alta specializzazione ed alta concorrenza tra i candidati. Convincere di essere adatti per lo svolgimento della mansione per la quale si concorre è soprattutto un processo psicologico che non parte nel momento in cui ci si siede in sede di colloquio, ma che deve essere sempre più implicito negli studenti a partire dalle lezioni frequentate tra i banchi di scuola in cui essi devono mostrare tutta la loro volontà e la loro partecipazione ad apprendere in modo da poter essere i più preparati e competenti in sede di selezione.
Al termine del percorso di studio di scuola media superiore si deve essere pronti a mostrare tutte le conoscenze acquisite affinchè cinque anni di studio non rappresentino solo due righe del proprio curriculum vitae, bensì un vero e proprio bagaglio culturale da applicare alla realtà lavorativa. Tra i diplomati c’è chi cerca subito un’occupazione e chi invece preferisce intraprendere un percorso universitario che possa ampliare la propria preparazione da poter spendere successivamente come tecnici di maggior specializzazione. Anche in questo caso ci si può chiedere se l’università italiana non sia troppo priva di pratica e che, quindi, penalizzi gli studenti una volta giunto il conseguimento del titolo di laurea.
A tal fine, a partire dall’anno A.A 2011/2012, i neo-diplomati possono iscriversi ai nuovi istituti tecnici superiori.

      Come si apprende dai dati del “Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca”: gli ITS sono fondazioni costituite da scuole, imprese ed altri soggetti, per dare vita ad un’autentica integrazione tra istruzione, formazione e lavoro.
Gli ITS prevedono, quindi, percorsi biennali per il rilascio del “diploma superiore” e triennali per la “Laurea breve professionalizzante”. Le lezioni sono tenute da docenti degli istituti superiori e delle Università oltre alla fondamentale presenza di tutor che rappresentano le imprese aderenti alle fondazioni. Questo semplice aspetto identifica la vera e propria novità degli ITS che cercano di professionalizzare allievi tecnici superiori con grandi competenze in linea con le aspettative delle aziende che li assumeranno.
Un servizio pubblico e dai costi contenuti darà quindi la possibilità di entrare in forte contatto con le realtà aziendali del territorio tramite un percorso biennale di 2000 ore, di cui 800 di stage presso le aziende aderenti alla fondazione che permetteranno di approfondire gli importanti temi del piano di intervento di “Industria 2015” come l’efficienza energetica; la mobilità sostenibile negli ambiti della logistica, del trasporto aereo, marittimo e ferroviario; nuove tecnologie per il made in Italy, negli ambiti di meccanica, moda alimentare, casa e servizi alle imprese; beni e attività culturali; informazione e comunicazione; tecnologie della vita.
      Per quanto riguarda il territorio barese l’istituto tecnico superiore attivo è l’ITS “A. Cuccovillo”, che fa parte dell’area nuove tecnologie per il Made in Italy Sistema meccanico-meccatronico (Energia) Puglia ed offre corsi per il rilascio del titolo di “Automazione Integrata e Sistemi Meccatronici” ed “Innovazione di Processi e Prodotti Meccanici”. Tali corsi potranno essere frequentati anche attraverso la terza tipologia di contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca.
L’anno 2013 segna il termine del primo corso biennale dell’ITS A. Cuccovillo, sicuri delle grandi competenze e della versatilità che le figure uscenti potranno mettere a disposizione delle imprese del territorio, non ci resta che attendere un riscontro effettivo sulla statistica occupazionale che questo tipo di corso si propone da subito di ampliare.

Cosa ci dicono da Bitetto
      Il Santarella è il primo anno che vi partecipa e partirà a settembre l'alternanza scuola/lavoro; il progetto è stato presentato all' U.S.P. (Provveditorato degli Studi Puglia), da parte del Santarella, e partecipano tutte le classi seconde terze e quarte degli elettrici del Santarella di Bari e Bitetto. Tuttavia, il Santarella di Bari e Bitetto non si è fermato alla semplice alternanza scuola/lavoro e con un progetto ambizioso vuole dimostrare che il lavoro si può creare non dovendo necessariamente abbandonare il proprio territorio, in questo caso quello pugliese, con l’intento di dimostrare che è il territorio stesso ad offrire risorse e forme diverse al normale impiego in azienda; ma soprattutto la scuola dimostra di non lasciare i suoi alunni soli dopo la formazione, accompagnandoli nel vorticoso mondo del lavoro e del confronto per sentirsi a pieno “lavoratori”.
      Il progetto si chiama SA. G & F.( Santarella Giovani e Futuri) ed è una coop, una cooperativa formata da 10 studenti, un genitore e una docente. Ci sono elettrici e installatori di impianti fotovoltaici e a settembre si apriranno le porte alle ragazze del settore moda e ai meccanici.
I soci fondatori sono: Enrico Arpino, Vito Carbonara, Matteo Carlucci, Nicola D' addario, Silvio Giordano, Daniele Grittani, Giuseppe Maffei, Jonathan Panza, Antonio Rutigliano, Vito Saccente (studenti); Mauro Spina (genitore); Carla Ingegno (docente).
La grande sfida è nata durante le lezioni di storia con la Docente Carla Ingegno, professoressa di storia al Santarella di Bitetto nonché ideatrice del progetto tra scuola/alunni e presidentessa della cooperativa: “Sono fiera, come docente e come educatore -spiega Ingegno sulla Gazzetta di Domenica 19 Maggio 2013- di essere al fianco di ragazzi che hanno colto un suggerimento partito durante una lezione di storia: il momento è difficile, ma ognuno di noi, se ci crede, può contribuire a piccoli grandi cambiamenti. Troppo spesso i ragazzi si sentono impotenti ed è nostro dovere di educatori contribuire, oggi più che mai, a far emergere il meglio di loro incidendo sulla loro formazione, attraverso il percorso formativo, favorendo l'ambizione a superare le difficoltà che la società vive”.
Inoltre è una società non a scopo di lucro appoggiata e sostenuta, soprattutto nello startup iniziale, anche dagli amministratori locali di Bitetto tra cui il sindaco Occhiogrosso Stefano e l'assessore al Welfare Domenico Gargano, il quale ha creduto nel progetto e ha investito del suo "offrendo" a questi ragazzi una opportunità concreta e realizzabile, a tal punto che, ha pagato le spese dell'atto notarile per la registrazione della coop con  il proprio stipendio da assessore.
      In conclusione  il sostegno a questi ragazzi e all'idea della coop, nasce per dimostrare che sul proprio territorio è possibile creare un'autonomia imprenditoriale giovanile dove “Il primo passo spetta alle istituzioni, e ai ragazzi dimostrare la loro bravura” -come affermato dall'assessore Gargano sulla Gazzetta di Domenica 19 Maggio 2013.
Possiamo dire che questo è un concreto messaggio di speranza in cui aggregazione, collaborazione e voglia di esserci possono essere il primo passo per superare un momento difficile come la crisi economica che ha devastato il mondo del lavoro e in particolar maniera, quello giovanile.

Cosa ci dicono da Modugno
      All’ITC Tommaso Fiore di Modugno ormai da tre anni è attivo il progetto di alternanza scuola-lavoro; un progetto che ha come scopo primario quello di far conoscere agli alunni il mondo del lavoro, con le sue tempistiche e i suoi metodi.
Presso l’istituto modugnese l’alternanza è attiva per l’indirizzo turistico e coinvolge un’intera classe. Il percorso si organizza su tre anni: il secondo, terzo e quarto anno di scuola media superiore. A differenza dei ragazzi del terzo e quarto anno che svolgono uno stage rispettivamente nelle agenzie turistiche e nelle strutture ricettive alberghiere, per i ragazzi del secondo anno non è prevista un’esperienza in azienda. Il progetto si svolge nel mese di maggio e comporta un notevole sforzo sia da parte dei docenti sia degli alunni. “I docenti devono riorganizzare i programmi perché al normale svolgimento dell’anno scolastico sono sottratte tre settimane in cui gli alunni non frequentano le normali lezioni didattiche. Gli alunni, d’altra parte, devono impegnarsi in maniera rilevante per un maggior carico di studio dovuto alla riduzione dell’anno scolastico da otto a sette mesi” ci spiega il prof. Brudaglio, coordinatore del progetto di alternanza scuola lavoro presso l’istituto T. Fiore.
Ma gli studenti vivono questa esperienza con grande entusiasmo e accettano di buon grado di sacrificarsi e sottoposti ad un certo stress per l’anticipazione del programma, consapevoli dell’importante opportunità che è loro offerta.
“In poche settimane è possibile acquisire nozioni e procedure che a scuola -ammesso che si possano insegnare- richiederebbero mesi d’insegnamento” rileva il professore, spiegandoci che progetto prevede sia incontri introduttivi tenuti da esperti propedeutici al lavoro da svolgere in azienda, sia incontri che rispondono alle esigenze di chi si deve inoltrare di lì a poco nel mercato del lavoro.Inoltre, se si considerano tutti quei ragazzi degli istituti tecnici che sono poco valorizzati dallo studio teorico, ma di cui è facile intuire le potenzialità nell’attività professionale, un altro elemento di valore aggiunto dell’alternanza scuola lavoro è il rendere questi ragazzi i veri protagonisti del “learning by doing”, dell’imparare facendo.“Essi sono i primi a dimostrare di riuscire perfettamente ad acquisire tempi, le tecniche e l’organizzazione mentale tipiche di aziende, apprezzando molto più il vedere come si fa e ripeterlo piuttosto che studiarlo da un libro e limitarsi semplicemente ad immaginarlo” conferma il professore.
Un ruolo molto importante lo svolge la scuola con i suoi tutor scolastici che si affiancano al tutor aziendale e hanno il compito di sorvegliare sul project work (piano di lavoro concordato tra azienda e scuola) e indicare alle aziende le esigenze didattiche e se necessario modificare il progetto in base alle esigenze dello studente.
E le aziende che approccio hanno nei confronti di questi progetti?
“Il rapporto tra le aziende e la scuola è, in modo confortante, crescentemente costruttivo; avverto crescere, anno dopo anno, una sorta di responsabilità da parte del mondo imprenditoriale nei confronti della formazione” ha dichiarato il professor Brudaglio.
Negli anni il ruolo delle aziende pare sia cambiato: oggi sempre più aziende partecipano a progetti di alternanza scuola lavoro, forti della consapevolezza che anche il mondo imprenditoriale deve essere coinvolto nella formazione dei futuri lavoratori e del vantaggio offerto da questi progetti. Essi, infatti, permettono una spesa minore nella formazione di nuovi lavoratori al momento dell’assunzione.   
Quello tra aziende e scuola risulta essere un dialogo molto proficuo, in grado di generare progetti vincenti.
Negli ultimi, però, ad un sempre maggior numero di istituti richiedenti i finanziamenti per i progetti di alternanza scuola lavoro, non è corrisposto un aumento dei fondi provenienti dal ministero cosicché, purtroppo, i finanziamenti per ogni singolo sono oggi diminuiti.

Nonostante il quadro appaia a primo impatto scoraggiante, ci sono però esempi positivi, come nel caso di Alessandro Z. in seguito all’esperienza di un progetto post diploma organizzato dal Tommaso Fiore.
-Quale indirizzo di studio hai frequentato?
Ho frequentato l'indirizzo programmatori (Mercurio) presso l'I.T.C. A. De Viti De Marco di Triggiano.
-In cosa consiste il progetto a cui hai partecipato? Di cosa ti sei occupato?
Il progetto: "Tecnico superiore per la ristorazione e la valorizzazione dei prodotti territoriali e delle produzioni tipiche" si è strutturato sostanzialmente in due fasi:
1) Lo studio delle varie materie del corso in aula con i docenti, gli esperti delle aziende partner e gli addetti della scuola di formazione "Universus".
In questo periodo a completamento della nostra formazione tecnico-commerciale, abbiamo assistito alle varie lezioni, ricevuto e studiato le dispense ed infine abbiamo sostenuto delle prove di fine modulo per comprovare l'effettiva conoscenza della materia studiata.
2) Le attività esterne tra cui diverse visite in aziende del panorama eno-gastronomico Pugliese e la partecipazione a 2 importantissime fiere di settore:il "Cibus" di Parma ed "Il salone del Gusto" di Torino.
In queste attività abbiamo potuto constatare praticamente tutto quello che ci era stato spiegato in maniera teorica in merito al marketing d'impresa, all'internazionalizzazione ed alla valorizzazione delle produzioni tipiche. Abbiamo inoltre partecipato agli stage formativi nelle aziende, prendendo parte attivamente alle attività d'impresa ed iniziando così a responsabilizzarci.
-Di cosa ti occupi oggi?
Lavoro in una azienda conserviera di Modugno. Ricopro un ruolo prettamente amministrativo spaziando tra gestione degli acquisti, controllo della qualità e gestione delle vendite,occupandomi così di tutta la filiera produttiva.
-All'inizio del progetto pensavi potessi essere poi assunto?
All'inizio del progetto e considerando l'importanza delle aziende partner, speravo davvero di essere assunto.
-Cosa consiglieresti ad un giovane che sta intraprendendo il tuo stesso percorso?
Ad un giovane che sta intraprendendo il mio stesso percorso, consiglio vivamente di impegnarsi in questo tipo di attività perchè a parer mio, sono le uniche che possono fornire un’esperienza completa sia dal punto di vista teorico che pratico. Lo stage in azienda ti dà davvero modo di capire come funziona la vita aziendale comprendendone a pieno tutti gli aspetti.
Inoltre, l'attività dei docenti e dei tutor è importantissima per la loro capacità di guidare,aiutare ed indirizzare i ragazzi nelle scelte che potrebbero cambiare il loro futuro.




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